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Potrebbero diventare farmacie pagando 300 mila euro.
Ma entrambe le categorie sono contrarie. L'intervento di Omnisalus
Riceviamo e pubblichiamo questa nota del Dr. Giancarlo Stival, Presidente di Omnisalus - Parafarmacie italiane:
07 Settembre 2011 - Come presidente dell'associazione Omnisalus- parafarmacie italiane intendo rispondere all'articolo (...). Nell'articolo si affermano concetti inesistenti e chiaramente a favore delle (GDO) Grande distribuzione, ma non dei farmacisti titolari di parafarmacia. Vi sono associazioni del nostro ambiente, quali il Forum e l'Anpi che hanno natura commerciale perchè collegati alla GDO, mentre noi rappresentiamo i farmacisti che si sono fatti piccola impresa. Vi chiediamo quindi di far sentire al nostra voce verificandone i fatti. Ad esempio dovete sapere che il Forum rappresenta solo 37 associati e non le 3000 parafarmacie come affermato nell'articolo. Ora ascoltate i farmacisti per cortesia, che hanno aperto a proprie spese una parafarmacia senza l'aiuto del grande capitale, che in cambio svilirebbe ruolo e funzioni del farmacista, riducendolo a commesso. Ma veniamo alla cronaca. Dopo anni di difficoltà per ottenere un dignitoso ruolo per le parafarmacie, siamo arrivati alla beffa? Qualcuno ha proposto in Parlamento di farci pagare 300.000 € per trasformare le parafarmacie in farmacie non convenzionate, il che significa con una dispensazione limitata a farmaci in realtà non mutuati. Si tratta, non solo dell’ultima presa in giro, ma anche di un sintomo di superficialità disarmante, da parte di chi dovrebbe governarci, assieme alla limitatezza di una delle associazioni della nostra categoria, che non…sa fare i conti, accogliendo con favore la proposta. In realtà dovremmo pagare 300.000 euro per avere praticamente un paio di farmaci in piu'. Infatti non concederebbero comunque quelli ritenuti pericolosi corrosivi o che necessitano di prudenze varie e per di piu' nemmeno gli psicofarmaci ma solo alcune benzodiazepine e non tutte...pagate come si vede a carissimo prezzo. Al di là delle polemiche chiariamo ora la questione delle parafarmacie. La Corte di Giustizia Europea, nella sentenza del 1 giugno 2010 ritiene sia necessaria una farmacia ogni 2001-2800 abitanti, anche in deroga alle normative vigenti sugli stati membri, proprio perché ha preso atto dell’inutilità e delle assurde costrizioni alla libertà di stabilimento in Italia. Dopo anni di indagine, la Corte ha stabilito che è necessario adeguarsi a nuovi parametri, anche senza concorsi poiché esistono già dei precedenti e che bisogna quanto prima almeno rimediare alle incompiute libertà professionali e tutte le le carenze sanitarie farmaceutiche esistenti sul territorio. La sentenza del marzo 2010 dice espressamente che la concessione di farmacie, in deroga al principio della pianta organica può essere fatta nelle zone dove manchi la capillarità dell'esercizio farmaceutico. Ebbene con questo criterio mancherebbero nella sola Italia circa 20.000 nuove farmacie.
Se il Governo Italiano si adeguasse a questo orientamento europeo si potrebbe prevedere l’apertura di 3000 nuove sedi in deroga con legge transitoria . Non è una scorciatoia ma l’adeguamento a due sentenze che ci riguardano da vicino e che hanno messo da parte le lobby che impediscono questo comportamento più che plausibile allo stato delle cose in cui siamo. Teniamo presente che ben il 40% dei comuni italiani è senza farmacia. La stessa Corte di Giustizia Europea, già il 19 maggio 2009 (causa C-531/06, nelle cause riunite C-171/07 e altri) , dichiara: "...le libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali, non ostano ad una normativa nazionale che impedisce a soggetti che non hanno il titolo di farmacista, di possedere e gestire farmacie" ; e ancora: "Tale restrizione può essere nondimeno giustificata dall’obiettivo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità ." Si legge inoltre :"Tenuto conto della facoltà riconosciuta agli Stati membri di decidere il grado di tutela della sanità pubblica, questi ultimi possono esigere che i medicinali vengano distribuiti da farmacisti che godano di un’effettiva indipendenza professionale." Ciò significa senza dubbi interpretativi che le farmacie sono dei farmacisti e che se uno Stato membro decide di lasciare libera la professione al farmacista, lo può fare, purché la professione sia svolta al 100% della sua laurea. Le farmacie fino a questa sentenza della Corte Europea risultavano un ibrido tra commercio e salute; risultavano esercizi commerciali adibiti alla vendita del farmaco; oggi invece sono state sanate in esercizi del Sistema Sanitario Nazionale. A maggior ragione ciò deve valere per le parafarmacie che hanno come titolare un farmacista abilitato e che hanno le stesse funzioni pubbliche e sanitarie, quindi la Corte di Giustizia Europea ha sanato tutte le farmacie e fatte diventare a tutti gli effetti esercizi del sistema sanitario nazionale.
Dr. Giancarlo Stival - Presidente Omnisalus
07 Settembre 2011 - Come presidente dell'associazione Omnisalus- parafarmacie italiane intendo rispondere all'articolo (...). Nell'articolo si affermano concetti inesistenti e chiaramente a favore delle (GDO) Grande distribuzione, ma non dei farmacisti titolari di parafarmacia. Vi sono associazioni del nostro ambiente, quali il Forum e l'Anpi che hanno natura commerciale perchè collegati alla GDO, mentre noi rappresentiamo i farmacisti che si sono fatti piccola impresa. Vi chiediamo quindi di far sentire al nostra voce verificandone i fatti. Ad esempio dovete sapere che il Forum rappresenta solo 37 associati e non le 3000 parafarmacie come affermato nell'articolo. Ora ascoltate i farmacisti per cortesia, che hanno aperto a proprie spese una parafarmacia senza l'aiuto del grande capitale, che in cambio svilirebbe ruolo e funzioni del farmacista, riducendolo a commesso. Ma veniamo alla cronaca. Dopo anni di difficoltà per ottenere un dignitoso ruolo per le parafarmacie, siamo arrivati alla beffa? Qualcuno ha proposto in Parlamento di farci pagare 300.000 € per trasformare le parafarmacie in farmacie non convenzionate, il che significa con una dispensazione limitata a farmaci in realtà non mutuati. Si tratta, non solo dell’ultima presa in giro, ma anche di un sintomo di superficialità disarmante, da parte di chi dovrebbe governarci, assieme alla limitatezza di una delle associazioni della nostra categoria, che non…sa fare i conti, accogliendo con favore la proposta. In realtà dovremmo pagare 300.000 euro per avere praticamente un paio di farmaci in piu'. Infatti non concederebbero comunque quelli ritenuti pericolosi corrosivi o che necessitano di prudenze varie e per di piu' nemmeno gli psicofarmaci ma solo alcune benzodiazepine e non tutte...pagate come si vede a carissimo prezzo. Al di là delle polemiche chiariamo ora la questione delle parafarmacie. La Corte di Giustizia Europea, nella sentenza del 1 giugno 2010 ritiene sia necessaria una farmacia ogni 2001-2800 abitanti, anche in deroga alle normative vigenti sugli stati membri, proprio perché ha preso atto dell’inutilità e delle assurde costrizioni alla libertà di stabilimento in Italia. Dopo anni di indagine, la Corte ha stabilito che è necessario adeguarsi a nuovi parametri, anche senza concorsi poiché esistono già dei precedenti e che bisogna quanto prima almeno rimediare alle incompiute libertà professionali e tutte le le carenze sanitarie farmaceutiche esistenti sul territorio. La sentenza del marzo 2010 dice espressamente che la concessione di farmacie, in deroga al principio della pianta organica può essere fatta nelle zone dove manchi la capillarità dell'esercizio farmaceutico. Ebbene con questo criterio mancherebbero nella sola Italia circa 20.000 nuove farmacie.
Se il Governo Italiano si adeguasse a questo orientamento europeo si potrebbe prevedere l’apertura di 3000 nuove sedi in deroga con legge transitoria . Non è una scorciatoia ma l’adeguamento a due sentenze che ci riguardano da vicino e che hanno messo da parte le lobby che impediscono questo comportamento più che plausibile allo stato delle cose in cui siamo. Teniamo presente che ben il 40% dei comuni italiani è senza farmacia. La stessa Corte di Giustizia Europea, già il 19 maggio 2009 (causa C-531/06, nelle cause riunite C-171/07 e altri) , dichiara: "...le libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali, non ostano ad una normativa nazionale che impedisce a soggetti che non hanno il titolo di farmacista, di possedere e gestire farmacie" ; e ancora: "Tale restrizione può essere nondimeno giustificata dall’obiettivo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità ." Si legge inoltre :"Tenuto conto della facoltà riconosciuta agli Stati membri di decidere il grado di tutela della sanità pubblica, questi ultimi possono esigere che i medicinali vengano distribuiti da farmacisti che godano di un’effettiva indipendenza professionale." Ciò significa senza dubbi interpretativi che le farmacie sono dei farmacisti e che se uno Stato membro decide di lasciare libera la professione al farmacista, lo può fare, purché la professione sia svolta al 100% della sua laurea. Le farmacie fino a questa sentenza della Corte Europea risultavano un ibrido tra commercio e salute; risultavano esercizi commerciali adibiti alla vendita del farmaco; oggi invece sono state sanate in esercizi del Sistema Sanitario Nazionale. A maggior ragione ciò deve valere per le parafarmacie che hanno come titolare un farmacista abilitato e che hanno le stesse funzioni pubbliche e sanitarie, quindi la Corte di Giustizia Europea ha sanato tutte le farmacie e fatte diventare a tutti gli effetti esercizi del sistema sanitario nazionale.
Dr. Giancarlo Stival - Presidente Omnisalus
Manovra. Conasfa contro la sanatoria per le parafarmacie
La “liberalizzazione ‘spinta’ può condurre a una concorrenza sfrenata che rischia di permettere la sopravvivenza solo dei punti vendita più favoriti perché economicamente più forti o posizionati in modo strategico”. Queste le parole della Federazione dei farmacisti non titolari contro l’emendamento, respinto dalla commissione Bilancio, che prevedeva la possibilità per le parafarmacie di trasformarsi in farmacie non convenzionate.
05 Settembre 2011 - Sventato il rischio, restano le preoccupazioni dei non titolari di farmacia, che si erano fortemente opposti all’emendamento del senatore Piccone, respinto dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama, per la trasformazione delle parafarmacie in farmacie dietro pagamento di una tassa una tantum di 300 mila euro per ciascun punto vendita o per la creazione di “farmacie non convenzionate” mediante l‘estensione della vendita della fascia C anche agli esercizi commerciali.
Secondo il Conasfa, infatti, “porre mano con interventi estemporanei al riordino del servizio farmaceutico ci sembra un omaggio alla parola ‘liberalizzare’ piuttosto che il tentativo di creare un nuovo modello in grado di migliorare il servizio al cittadino e andare incontro alle sue esigenze” e “questo tipo di liberalizzazione ‘spinta’ può condurre a una concorrenza sfrenata che rischia di permettere la sopravvivenza solo dei punti vendita più favoriti perché economicamente più forti o posizionati in modo strategico. Inoltre, come dichiarato dal Presidente Fofi Mandelli, si andrebbe a privare tutti i farmacisti collaboratori, della legittima possibilità di acquisire la titolarità di una farmacia attraverso concorso pubblico”.
Per il Conasfa, invece, un modello diverso potrebbe prevedere il mantenimento degli attuali esercizi commerciali, nei quali, sempre con l’assistenza del farmacista, vendere tutti i prodotti senza obbligo di prescrizione, aumentati di numero attraverso uno switch di una parte della fascia C. Così come sarebbe opportuno, secondo il Conasfa, offrire una maggiore possibilità per tutti di accedere alla titolarità di una farmacia attraverso: a) un drastico abbassamento del quorum a 2800 abitanti; b) la fine della possibilità di vendere o ereditare la Farmacia, che tornerebbe a concorso al compimento del 75 esimo anno del titolare, per le farmacie già esistenti tale possibilità verrebbe mantenuta per una sola volta; c) l’assegnazione di tutte le farmacie disponibili sulla base di un'unica graduatoria regionale da rinnovare ogni due anni mediante concorso; d) l’istituzione di presidi, in deroga al criterio della popolazione, in stazioni, porti, aeroporti, centri commerciali, snodi autostradali e, nei centri turistici, sulla base delle presenze e non dei residenti; e) concessione della titolarità alla sola persona fisica del farmacista e per i Comuni alla figura del sindaco; f) trasformazione delle società in società di gestione. “In questo modo – osserva il Conasfa - si otterrebbe una più capillare distribuzione di presidi sanitari sul territorio, si creerebbero circa 6.000 nuove farmacie, assegnate secondo il criterio del merito e della preparazione professionale e non secondo quello del censo”.
Fonte: QS Quotidiano Sanità (vedi qui)
05 Settembre 2011 - Sventato il rischio, restano le preoccupazioni dei non titolari di farmacia, che si erano fortemente opposti all’emendamento del senatore Piccone, respinto dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama, per la trasformazione delle parafarmacie in farmacie dietro pagamento di una tassa una tantum di 300 mila euro per ciascun punto vendita o per la creazione di “farmacie non convenzionate” mediante l‘estensione della vendita della fascia C anche agli esercizi commerciali.
Secondo il Conasfa, infatti, “porre mano con interventi estemporanei al riordino del servizio farmaceutico ci sembra un omaggio alla parola ‘liberalizzare’ piuttosto che il tentativo di creare un nuovo modello in grado di migliorare il servizio al cittadino e andare incontro alle sue esigenze” e “questo tipo di liberalizzazione ‘spinta’ può condurre a una concorrenza sfrenata che rischia di permettere la sopravvivenza solo dei punti vendita più favoriti perché economicamente più forti o posizionati in modo strategico. Inoltre, come dichiarato dal Presidente Fofi Mandelli, si andrebbe a privare tutti i farmacisti collaboratori, della legittima possibilità di acquisire la titolarità di una farmacia attraverso concorso pubblico”.
Per il Conasfa, invece, un modello diverso potrebbe prevedere il mantenimento degli attuali esercizi commerciali, nei quali, sempre con l’assistenza del farmacista, vendere tutti i prodotti senza obbligo di prescrizione, aumentati di numero attraverso uno switch di una parte della fascia C. Così come sarebbe opportuno, secondo il Conasfa, offrire una maggiore possibilità per tutti di accedere alla titolarità di una farmacia attraverso: a) un drastico abbassamento del quorum a 2800 abitanti; b) la fine della possibilità di vendere o ereditare la Farmacia, che tornerebbe a concorso al compimento del 75 esimo anno del titolare, per le farmacie già esistenti tale possibilità verrebbe mantenuta per una sola volta; c) l’assegnazione di tutte le farmacie disponibili sulla base di un'unica graduatoria regionale da rinnovare ogni due anni mediante concorso; d) l’istituzione di presidi, in deroga al criterio della popolazione, in stazioni, porti, aeroporti, centri commerciali, snodi autostradali e, nei centri turistici, sulla base delle presenze e non dei residenti; e) concessione della titolarità alla sola persona fisica del farmacista e per i Comuni alla figura del sindaco; f) trasformazione delle società in società di gestione. “In questo modo – osserva il Conasfa - si otterrebbe una più capillare distribuzione di presidi sanitari sul territorio, si creerebbero circa 6.000 nuove farmacie, assegnate secondo il criterio del merito e della preparazione professionale e non secondo quello del censo”.
Fonte: QS Quotidiano Sanità (vedi qui)
Manovra. Respinto emendamento su sanatoria parafarmacie. Sì al numero chiuso per le farmacie
E' finito ieri l'esame degli emendamenti alla manovra in commissione Bilancio del Senato. Approvata la proposta di modifica che stabilisce che il numero di persone titolate ad esercitare una professione debba rimanere limitato per le professioni “connesse alla salute umana”. Respinta invece la proposta di permettere a una parafarmacia di trasformarsi in una farmacia non convenzionata.
05 SET - In attesa della presentazione in Aula del maxiemendamento del Governo, la commissione Bilancio ha concluso nella serata di ieri l’esame degli emendamenti alla manovra portando, in particolare, due importanti novità per le farmacie.
Con l’emendamento 3.32 testo 2 all'articolo 3 sulla liberalizzazione delle professioni, a firma del senatore Battaglia (Pdl), la commissione ha infatti stabilito l’importanza di salvaguardare il numero chiuso di farmacie specificando nella norma che per le professioni connesse alla salute umana” deve essere consentita “la limitazione del numero di persone che sono titolate ad esercitare” quella professione. “Se il settore dei servizi sanitari venisse abbandonato al libero mercato – si specifica infatti nella relazione tecnica -, le logiche che presiederebbero alla dislocazione dei detti servizi non sarebbero più quelle della facile accessibilità, della capillarità e dell'universalità del servizio ma solo quelle della convenienza economica".
Respinto invece l’emendamento 6.0.20 del senatore Piccone, che prevedeva, tra l’altro, la possibilità per una parafarmacia di trasformarsi in una farmacia non convenzionata dietro pagamento di una tassa di concessione una tantum di 300mila euro.
Il futuro della manovra resta comunque incerto, nell’attesa di verificare i provvedimenti che saranno contenuti nel maxiemendamento governativo nel quale potrebbero o meno confluire gli emendamenti approvati dalla commissione.
Fonte: Quotidiano Sanità (vedi qui)
05 SET - In attesa della presentazione in Aula del maxiemendamento del Governo, la commissione Bilancio ha concluso nella serata di ieri l’esame degli emendamenti alla manovra portando, in particolare, due importanti novità per le farmacie.
Con l’emendamento 3.32 testo 2 all'articolo 3 sulla liberalizzazione delle professioni, a firma del senatore Battaglia (Pdl), la commissione ha infatti stabilito l’importanza di salvaguardare il numero chiuso di farmacie specificando nella norma che per le professioni connesse alla salute umana” deve essere consentita “la limitazione del numero di persone che sono titolate ad esercitare” quella professione. “Se il settore dei servizi sanitari venisse abbandonato al libero mercato – si specifica infatti nella relazione tecnica -, le logiche che presiederebbero alla dislocazione dei detti servizi non sarebbero più quelle della facile accessibilità, della capillarità e dell'universalità del servizio ma solo quelle della convenienza economica".
Respinto invece l’emendamento 6.0.20 del senatore Piccone, che prevedeva, tra l’altro, la possibilità per una parafarmacia di trasformarsi in una farmacia non convenzionata dietro pagamento di una tassa di concessione una tantum di 300mila euro.
Il futuro della manovra resta comunque incerto, nell’attesa di verificare i provvedimenti che saranno contenuti nel maxiemendamento governativo nel quale potrebbero o meno confluire gli emendamenti approvati dalla commissione.
Fonte: Quotidiano Sanità (vedi qui)
Parafarmacie, blitz da un miliardo.Potrebbero diventare farmacie pagando 300 mila euro. Ma entrambe le categorie sono contrarie
02.09.2011 - Nella fretta di riuscire a trovare una copertura all’imponente manovra da 45 miliardi ogni giorno spuntano proposte nuove e più o meno fantasiose da parte dei vari parlamentari. Ieri è stata la volta delle parafarmacie, identificate come il mezzo attraverso cui raggranellare un miliardo di euro. Come? Facendo pagare una sorta di licenza (costo 300 mila euro) per potersi trasformare in farmacie tradizionali. La proposta è di un gruppo di parlamentari del Pdl capeggiati dal senatore Filippo Piccone, non nuovo all’argomento. Lo stesso emendamento lo aveva infatti presentato per inserirlo nel decreto Milleproroghe e anche per racimolare denaro per la ricostruzione post terremoto a L’Aquila. L’idea è di trasformare le oltre tremila parafarmacie in vere e proprie farmacie in modo da recuperare risorse per la manovra finanziaria. Per ottenere una licenza di vendita dei farmaci, sarebbe previsto un esborso volontario di circa 300 mila euro. Gli emendamenti alla manovra che riguardano i farmacisti non titolari di farmacia sarebbero quattro. Sia quelli di opposizione che di maggioranza vanno nella direzione di una liberalizzazione della professione, prevedendo l’istituzione della farmacia non convenzionata. In queste farmacie il prezzo della vendita dei medicinali, esclusi quelli di fascia C, è libera. Mentre i farmaci prescritti dai medici sui ricettari del Servizio sanitario nazionale restano invece di pertinenza delle sole farmacie convenzionate. Le reazioni alla proposta sono unanimemente contrarie, sia da parte dei farmacisti che dei parafarmacisti. Entrambi i rappresentanti delle due categorie parlano di “sanatoria”. Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti è più che diretto: «Se passasse questa proposta, verrebbero lesi i diritti dei collaboratori dei farmacisti che con il loro lavoro acquisiscono punteggi per partecipare ai concorsi. Si andrebbe a scapito di questa grande maggioranza di lavoratori». Per Mandelli bisogna chiamare le cose con il proprio nome: «È una sanatoria, inutile girarci intorno. Per noi è inaccettabile. Tutte le ricerche mostrano che il servizio fornito dalle farmacie è il migliore, più di quelli forniti da supermercati o studi medici. I cittadini verrebbero privati di questa possibilità». Incredibilmente il discorso non cambia di molto sul fronte dell’Associazione nazionale delle parafarmacie. «Non è questa la strada per andare in paradiso. Sono tentativi per fare pubblicità al di fuori di ogni possibilità di realizzazione - spiega il presidente Lino Busà - è un discorso che non condividiamo perché è illusorio ottenere delle sanatorie. La parafarmacia deve restare un'attività di vicinato e deve piuttosto essere data la possibilità di vendere medicinali della fascia C, quelli che sono dispensati senza onere per il servizio sanitario aumentando così la gamma dei prodotti». Per la trasformazione in farmacia non convenzionata dovrebbe essere pagata una tassa di concessione una tantum. In ogni caso sono esclusi da questa possibilità i titolari di farmacie convenzionate o le società di capitali. Anche il commento di Annarosa Racca, presidente di Federfarma, l’associazione che riunisce i titolari di farmacia è assolutamente negativo: «Sono sicura che il governo, che tiene alla salute dei cittadini, non prenderà in considerazione gli emendamenti, perché scardinano il sistema farmaceutico italiano, che è il migliore al mondo». Unica voce parzialmente fuori dal coro è Giuseppe Scioscia, presidente del Forum nazionale parafarmacie che raggruppa le oltre tremila parafarmacie italiane: «Dei quattro emendamenti ne passi almeno uno. Come farmacisti da anni lottiamo per esercitare liberamente la nostra professione e il nostro obiettivo principale è sempre stato la nascita della farmacia non convenzionata». Ma l’emendamento su cui si sofferma la sua attenzione è quello del Pd-Idv per la vendita della fascia C, «che auspichiamo da mesi. Speriamo ora non intervengano i soliti amici delle lobby». Fonte: La Stampa.it (vedi qui) |
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Professor Galgano, si sbaglia: ecco le prove che la liberalizzazione è stata un successo02 Agosto 2011 - I numeri danno ragione alla liberalizzazione dei farmaci da banco che dal decreto Bersani ad oggi ha creato 3.600 nuove aziende, 7.470 posti di lavoro, 80 milioni di risparmio per i consumatori, che salirebbero a 700 milioni se le parafarmacie potessere estendere il loro raggio d'azione.
L’intervista al professor Galgano (Firstonline del 20 luglio) circa l’abolizione degli Ordini professionali merita alcune riflessioni. L’eminente giurista, già titolare di una cattedra presso l’Università di Bologna, afferma che l’università fornisce solo il bagaglio di conoscenze utili a entrare in campo. Bene, proprio qui sta il problema, con l’attuale sistema, i giovani non riescono nemmeno ad entrare in campo, al massimo possono disputare partite amichevoli o giocare “scampoli” di partita. E’ vero: eliminare gli ordini professionali non è la soluzione al problema, la soluzione è eliminare le competenze che essi hanno su tutta una serie di pratiche dove la difesa dell’interesse corporativo spesso e volentieri prevale rispetto alla difesa dell’interesse generale. Due sono le strade che si possono scegliere: agire a monte eliminando gli ordini professionali, oppure a valle azzerando l’esercizio del potere che gli Ordini svolgono, ristabilendo l’unico scopo della loro esistenza: garantire utenti e consumatori rispetto le prestazioni dei propri iscritti. Caro professor Galgano, lei m’insegna, le sentenze della Corte di Giustizia o di altre corti non si sostituiscono ai “policy maker nazionali”, il compito delle corti è accertarsi che non esistano punti di contrasto tra le legislazioni nazionali e il Trattato delle Comunità. Nell’assolvere questo compito, la Corte non può entrare nel merito specifico della scelta degli strumenti per perseguire le varie finalità a livello Paese. In poche parole la Corte di Giustizia Europea non può fare politica e non può sostituirsi ai politici, ma se questi ultimi decidono dall’alto della loro sovranità che un sistema deve aggiornarsi, ammodernarsi rispetto alle esigenze che la società civile richiede, stia pur certo che non sarà la Corte di Giustizia ad opporsi se le nuove norme sono in linea con il Trattato. Difatti, non mi pare che la stessa Corte si sia mai dovuta occupare del decreto Bersani. Non voglio commentare l’affermazione secondo cui “molti piccoli notai stentano persino a coprire le spese di studio”, io non li conosco, ma certamente Lei avrà dati certi per affermare qualcosa che appare difficile da credere. Quello che non capisco è perché alcune categorie professionali attraverso norme dirette o indirette debbano avere garantito un reddito. Perché ci debbono essere limitazioni geografiche e numeriche alla loro attività, perché farmacisti, tanto per fare un esempio che conosco bene, quando il mattino aprono il proprio esercizio debbono avere parte del proprio ricavato assicurato attraverso la pianta organica. Non si tratta di legittimare maghi e santoni, si tratta molto più semplicemente di dare le stesse opportunità a chi ha svolto lo stesso percorso di studi, all’avvocato di fare l’avvocato, all’ingegnere di fare l’ingegnere, al farmacista di fare il farmacista e così via. Dal decreto Bersani ad oggi, la liberalizzazione dei farmaci da banco ha creato 3600 nuove aziende, 7470 lavoratori hanno trovato nuovo impiego, circa 80 sono i milioni risparmiati dai cittadini. Cifra, quest’ultima, che potrebbe aumentare sino a 700 milioni di risparmio annuo se alle parafarmacie fosse consentito di vendere anche quei farmaci con obbligo di ricetta che sono pagati direttamente dai cittadini. Tutto questo senza alcun aumento di patologie dovuto ad un uso sbagliato del farmaco, senza alcun aumento dei consumi e, cosa fondamentale, a costo zero per lo Stato. Un fallimento? Io direi proprio di no: un successo. Vede caro professor Galgano credo di aver capito che cosa in realtà spaventa, non i valori etici o la preoccupazione di veder sminuita una professione, no, quello che davvero spaventa è il confronto aperto delle capacità, con regole valide per tutti, ma senza vincoli finalizzati a tutelare chi è già presente sul mercato. Quello che spaventa davvero è la possibilità di poter perdere gli elevati livelli di reddito che sin qui il sistema ha garantito. 1,5 punti di Pil, tanto valgono le liberalizzazioni in Italia, è arrivato il momento di scegliere da che parte stare, se dalla parte di chi clamorosamente protesta per la perdita dei propri privilegi o dalla parte della crescita economica del Paese e del futuro dei nostri giovani. Fonte: FIRSTonline (vedi qui) |